Arcimboldo – Artista milanese tra Leonardo e Caravaggio

ARCIMBOLDO

ARTISTA MILANESE TRA LEONARDO E CARAVAGGIO

(Palazzo Reale – fino al 22 maggio 2011)

Giuseppe Arcimboldo, uno dei più celebrati artisti milanesi nelle più grandi corti europee del Cinquecento, ieri come oggi, grazie alla sua arte stravagante e di forte impatto, torna nella sua città natale con una grande mostra.

L’esposizione vuole “restituire” Arcimboldo al suo contesto d’origine, capire le ragioni della sua chiamata alla corte degli Asburgo (gli studi naturalistici, le coreografie per cortei e feste, o ancora i ritratti), precisare le radici culturali delle sue teste composte, e approfondire il ruolo giocato dall’artista nello sviluppo dei generi della natura morta e delle “pitture ridicole”.

Un percorso tra disegni, pittura e preziosi oggetti usciti dalle officine artigianali milanesi, all’epoca rinomatissime, per la qualità e l’eccellenza dei propri manufatti artistici.

La mostra si divide in varie sezioni che esplorano l’influenza di Leonardo nello studio della fisionomia caricata e della figura, della natura, dell’atmosfera, della flora e della fauna attraverso disegni dello stesso maestro e dei suoi allievi, in particolare Girolamo della Porta e Francesco Melzi; l’influenza degli oggetti di lusso e delle arti suntuarie; le opere giovanili di Arcimboldo, in particolare le vetrate per il Duomo di Milano; l’illustrazione naturalistica italiana e le grandiosi Kunstkammern con le loro “meraviglie”; le famose Teste Composte (Stagioni ed Elementi) dell’artista; la pittura ridicola; la creazione di feste di corte; le opere di Arcimboldo di ritorno a Milano e, infine, le teste reversibili e la natura morta.

Arcimboldo fu uomo di grande cultura e dai molteplici talenti: non solo pittore, ma anche architetto, scenografo, ingegnere edile e idraulico, organizzatore di feste e tornei, intenditore d’arte. Fu inventore di generi come il comico, il grottesco e il quotidiano, che ancora influenzano l’arte contemporanea.

La sua fortuna è sempre stata legata all’invenzione delle famose “teste composte”, nature morte di fiori, frutti, animali e altri oggetti agglomerati a formare profili o mezzi busti. Arcimboldo, però, non è importante perché ha avuto e diffuso questa idea, ma perché l’ha risolta in termini qualitativi elevatissimi e ha saputo farne un simbolo di significati concettuali e formali: un vero e proprio manifesto della cultura e dell’arte del suo tempo.

La sua opera si lega molto alla letteratura del Cinquecento, presente in mostra, che ha portato a chiarire molti dettagli dei dipinti fornendo nuove chiavi di lettura, e alla cultura figurativa del tardo Rinascimento. Le sue teste si presentano, così, come allegorie celebrative dei potenti, ma anche del mondo della natura, madre generosa, portatrice di energie e influenze benigne.

Ma Arcimboldo ha cercato, nei suoi dipinti, di esprimere anche il lato drammatico di un’epoca al tramonto, prima dell’arrivo della scienza nuova e dell’epoca barocca. Ha cercato di afferrare il molteplice che sfugge, racchiuderlo in un Uno, illudersi che un supremo gioco dell’intelletto possa dare un ordine a un mondo troppo concreto e troppo vario. Una cultura votata non più al culto del bello, ma del sorprendente e del meraviglioso, attratta da una curiosità per il nuovo e l’ignoto.

Giuseppe Arcimboldo: “…nella sua unicità un artista così perfetto come lo sono solo i più grandi.” (André Pieyre de Mandiargues)

di Eleonora Franzoni