Intervista a Roberto Giordano

“DIECI DOMANDE A”:    INTERVISTA A ROBERTO GIORDANO

Scheda dell’Intervistato:
Nome: Roberto Giordano (29 anni)
Attuale ruolo professionale:   Pianista concertista e docente presso l’Institut de Musique et Pédagogie di Namur (B)
Hobbies:  Amici, letteratura, cucina

1)      A volte le grandi passioni della propria vita nascono per caso. Come è nato il suo amore per la musica classica?

Per caso, appunto. La musica era già presente in casa. Mio padre, dipendente ENI, suona tutt’ora l’organo e la tastiera mentre mia madre aveva studiato pianoforte fino all’adolescenza. Nella casa dei miei nonni materni, c’era un pianoforte verticale sul quale mia madre aveva imparato a suonare. Il paese di provincia non offriva molte opportunità e bisognava occupare i miei pomeriggi dopo i compiti di scuola. Così un giorno, mi proposero di fare musica: cantare o suonare. Io scelsi subito il pianoforte; mi attraeva in quello strumento la sua completezza e il suo suono. Potevo essere tutti gli strumenti dell’orchestra, con le mie sole due mani. Fu mia mamma a sedersi con me al pianoforte, per impartirmi le prime nozioni, proprio sui libri sui quali anche lei aveva cominciato a suonare.

2)    Quale è stata la Sua prima importante scelta di vita legata alla musica?

Ce ne sono state molte, e in diversi stadi della mia vita. Credo che la prima, da cui scaturirono tutte le altre, sia stata presa a quattordici anni. In brevissimo tempo si era concretizzato l’invito di una docente a seguirla a Parigi, per frequentare l’Ecole Normale A. Cortot. Dalla Calabria a Parigi. Fu in quel periodo che i miei genitori, pronti a sostenere gli oneri e i sacrifici che la mia scelta avrebbe comportato, mi chiesero per la prima ed ultima volta se ero sicuro della mia “vocazione”. Io risposi di sì!

3)    Quale ritiene essere la maggior dote di un musicista di musica classica?

Due, almeno. La sensibilità e la tenacia. Attraverso la prima, se è finissima, si possono raggiungere i meandri più profondi dell’ispirazione che ha spinto il compositore allo sforzo creativo, e quindi avvicinarsi il più possibile alla “verità”. La tenacia, invece, è indispensabile per affrontare l’infinito lavoro fisico-intellettuale della “ricerca”: mai un musicista potrebbe dire di essere arrivato, nella carriera come nella comprensione di una partitura. Suonare diventa un continuo mettersi in discussione, con se stessi, con il pubblico..e con il compositore.

4)    Come prepara un concerto? Ci può svelare qualche segreto di come trasforma la tensione prima di un concerto in energia da usare poi durante l’evento?

Lei ha già colto il mio “segreto”, se così si può chiamare: trasformare la tensione in energia positiva. Se la corda del violino non è tesa, non potrà mai vibrare per suonare. Allo stesso modo la tensione, l’emozione è imprescindibile all’evento musicale. Il varco attraverso cui penetrare in questo meccanismo lo offre la musica stessa. Essa è un’arte sempre nascente, in continuo divenire, che esiste perché riprodotta in un determinato momento: il concerto. In questo contesto la musica viene creata e condivisa con il pubblico.

5)      C’è una domanda che poniamo sempre ai nostri intervistati; per lei la vita è un <<perché>> oppure un <<perché no?>>

È stata ed è un “perché no?”. Se fosse stata un “perché” avrei lasciato molte mie scelte al caso e la mia vita avrebbe avuto un corso aleatorio. Non crede che sarebbe un peccato?

6)      Lavorando all’estero, è cambiato il suo modo di vedere l’Italia e gli italiani? C’è qualcosa che le manca particolarmente?

A contatto con le realtà di altri paesi, e tornando frequentemente nel proprio, lo sguardo acquista una prospettiva nuova, questo è certo. Allo stereotipo dell’italiano non ci credono più neanche gli stranieri. Ho imparato invece a riflettere sugli sbagli e sulle questioni serie che il nostro Paese non sa e non vuole affrontare. Ho scoperto che la maggior parte degli italiani non sa di abitare nel paese più bello del mondo, che possiede un patrimonio culturale tale da poter fregiare metà del pianeta. Allo stesso modo, anch’io dalla mia prospettiva, ho imparato ad amarla, come un fatto privato.

7)      Quale sogno nel cassetto le è costato molto per riuscire a realizzarlo?

Diventare pianista.

8)      Quale sogno vorrebbe realizzare? Ne vuole condividere qualcuno con i nostri lettori?

Ci sono ancora molti sogni da realizzare: avere una famiglia, scrivere, suonare con alcuni grandi direttori, investire sulla mia terra, per svilupparne le potenzialità culturali e di risorse umane. Mosso da questo ultimo desiderio, sto attualmente sviluppando in Calabria un ambizioso progetto, che si occuperà, in modo innovativo, di alta formazione in campo musicale con particolare attenzione ai nuovi sbocchi professionali che la tecnologia sta offrendo alla musica.

9)      Come può a suo avviso contribuire la musica classica nel diffondere valori positivi?

La Musica Classica È un valore positivo. Essa è un linguaggio che già nella sua universalità, veicola i valori di unione e fratellanza, che nella sua profondità suggerisce all’uomo una spiritualità più alta.

10)  Quale potrebbe essere, a suo avviso, una buona leva per far avvicinare i giovani alla musica classica?

Un punto di partenza è quello di sfatare il mito che la musica classica sia qualcosa di “vecchio”. Basterebbe formare i giovani fin dall’infanzia alla sua comprensione, come avviene per un nuovo linguaggio, per fargli scoprire quanto essa possa essere gratificante e quale ricchezza essa possa offrire alle loro vite. Un’ottima piattaforma potrebbe essere internet, nel quale a mio avviso si nasconde il futuro di molti investimenti in campo culturale.


Antonio Prestia