INTERVISTA – Adriana Asti: “Io attrice per caso, volevo solo scappare via. Vivo in Francia ma sono sempre orgogliosa dell’Italia e del nostro cinema”

Da un mesetto ha compiuto 81 anni, eppure è vispa come non mai Adriana Asti, pienamente impegnata tra cinema e teatro. L’attrice ha infatti portato sui palcoscenici d’Italia due testi scritti da Jean Cocteau, La Voce Umana (1930) e Il Bell’Indifferente (1940). Solo un rapido cambio di scena interrompe questi due monologhi recitati tutti d’un fiato e con il massimo trasporto emotivo. La regia dello spettacolo è del francese Benoit Jacquot (autore del  bellissimo Les Adieux à la Reine, ndr.), per il quale la Asti inizierà le riprese del suo prossimo film a luglio. Nel prossimo Festival del cinema di Venezia invece la vedremo nel film che Abel Ferrara ha girato su Pasolini, in cui interpreterà la madre di Pier Paolo.

56 ° Festival Dei 2 Mondi

Abbiamo avuto la grande opportunità di poter parlare con questa piccola grande donna che inizialmente non voleva nemmeno fare l’attrice. Eppure il destino ha voluto che diventasse quell’artista capace di emozionarci dagli anni 50 a oggi.

Partiamo dal suo ultimo spettacolo teatrale in cui presenta La Voce Umana e Il Bell’Indifferente, due testi scritti da Jean Cocteau in cui vediamo sul palco una donna sola e sull’orlo di una crisi di nervi…

In realtà il testo originale de La Voce Umana vedeva protagonista un uomo che chiamava il suo amante uomo. Era ispirato alla relazione tra Cocteau per il poeta Jean Desbordes che l’aveva lasciato. Quindi è una storia omosessuale. Il Bell’Indifferente invece Cocteau la scrisse per la cantante Edith Piaf che aveva come compagno l’attore Paul Meurisse. Sono due parti messe insieme, molto diverse tra loro che mi permettono di variare: la prima è una donna disperata, mentre il personaggio della Piaf è più popolaresco, di una ben diversa estrazione sociale e con tutta un altro modo di essere.

La Asti in "La Voce Umana" (foto Fabian Cevallos)

La Asti in “La Voce Umana” (foto Fabian Cevallos)

Cosa è andata a ripescare dentro di sé per interpretare queste donne così diverse?

Dentro di sé si trova tutto. Chiunque dentro se stesso può trovare tutto.

In scena la vediamo attaccata ad un vecchio telefono. Facendo un salto triplo nel presente, cosa ne pensa del web?

Penso sia molto comodo. Io a malapena riesco ad accendere la luce o rispondere al telefono (ride, ndr.). Ma trovo che sia utile, anche se porta tutti ad una solitudine maggiore. Una volta quando si stava soli si guardava fuori dalla finestra o si leggeva un libro, oggi invece c’è questo.

Passiamo al cinema. Quando ha deciso che sarebbe diventate un’attrice?

Io non volevo fare l’attrice, la sono diventata solo per caso. In realtà io volevo solo andare via di casa e fare una vita un po’ la birichina (sorride, ndr.). Sono stati gli altri a volere che diventassi attrice, così hanno cominciato ad affidarmi delle parti da recitare. Inizialmente volevo scappare, non me ne importava nulla del palcoscenico. Eppure non sono mai potuta andarmene via.

Si è mai pentita di questo?

No, ormai mi sento come i marinai con il mare o come i beduini che sono impigliati nel deserto (ride ndr.). È molto difficile per me ora abbandonare quel palco.

Sul palcoscenico con il "Candide" di Voltaire (foto Luciano Romano)

Sul palcoscenico con il “Candide” di Voltaire (foto Luciano Romano)

Lei ha lavorato con dei maestri del cinema come Vittorio De Sica, Luchino Visconti, Pier Paolo Pasolini, Bernardo Bertolucci, Luis Bunuel. Cosa le hanno lasciato queste esperienze?

È stato un enorme privilegio, un privilegio assoluto lavorare con delle persone dotate di un così grande talento. Qualcosa mi hanno sicuramente trasmesso, anche senza volerlo.

Che cosa consiglia ai giovani che vogliono diventare degli attori-attrici?

Beh, è dura! L’unica cosa buona per un attore è che nella finzione si può vivere in un altro mondo. Un mondo illusorio, in cui il proprio personaggio esce per un attimo dalla propria vita di tutti i giorni.

Un bel cameralook in "Prima della Rivoluzione" di Bernardo Bertolucci (1964)

Un bel cameralook in “Prima della Rivoluzione” di Bernardo Bertolucci (1964)

A settembre sarà presentato in anteprima a Venezia il film che Abel Ferrara ha girato su Pasolini. Mi può dire due parole su questo progetto?

Una grande esperienza girare un film con Abel Ferrara. Su Pasolini girai una piccola parte per Marco Tullio Giordana in Pasolini, un Delitto Italiano (1996, ndr.). In quest’ultimo invece interpreto Susanna la mamma di Pierpaolo Pasolini. Ferrara è un grandissimo regista, straordinario. Veramente.

Sorrentino ha scelto molti attori di teatro per La Grande Bellezza

Perché ora si può. Una volta non era così e chi faceva teatro veniva relegato solo a quello. In Francia ad esempio, dove vivo ormai da tanti anni, non esiste nessuna distinzione tra attori di cinema e attori teatrali. Solo in Italia si faceva sempre questa differenza: in questo senso siamo un po’ provinciali.

Cosa ne pensa del cinema italiano di oggi?

Il nostro cinema si fa onore, anche oltre all’Oscar. Oggi vedo che in Italia si fanno davvero tanti film. Il nostro cinema è bello perché è bella l’Italia (ride, ndr.).

Insieme a Massimo Ranieri in "L'ultimo Pulcinella" di Maurizio Scaparro (2011)

Insieme a Massimo Ranieri in “L’ultimo Pulcinella” di Maurizio Scaparro (2011)

In terra francese invece com’è la situazione?

In Francia se ne fanno molti di più perché vengono investiti più soldi per il cinema. I francesi sono dei grandi ragionatori, raziocinanti, insopportabili, ma anche poetici e molto bravi. Ma io sono contenta anche dei nostri film.

Quindi è orgogliosa dell’Italia anche se si trova all’estero?

Io sono molto orgogliosa del mio Paese. Molto. E lo sono diventata ancor di più dopo lo scandalo che ha colpito Hollande, così non mi vergogno più dei nostri. Beh, se lo meritano anche loro (ride, ndr.).

Ho tenuto da parte Marco Tullio Giordana e La Meglio Gioventù, che esperienza fu per lei quel film?

Un film molto bello, un grande onore averne preso parte. Il cast era pieno di bravi attori, tutti ben diretti da Marco che è un bravissimo regista. Per me è stata un’esperienza lunga, interminabile, ma magnifica.

Adriana Asti in "La Meglio Gioventù" di Marco Tullio Giordana (2003)

Adriana Asti in “La Meglio Gioventù” di Marco Tullio Giordana (2003)

Dopo oltre dieci anni da quel film, che Italia è oggi?

È così cambiata l’Italia in questi anni…. È cambiata ma siamo cambiati anche noi. Tutto cambia, il tempo passa e la vita continua sempre ed è anche il suo bello.

Si parla molto di tagli alla cultura…

In Italia c’è una grande cultura anche se nessuno, o pochissimi, se ne occupano. Non c’è bisogno di fare tanta strada per accorgersi che il meglio ce l’abbiamo a casa nostra. Abbiamo molta cultura infilata nei nostri corpi e quella non ci lascia. È un privilegio essere italiani in questo senso.

CAMERALOOK

Adoro tutti i vecchi film americani, quelli in bianco e nero, dove fumano. Però in cima metto Hitchcock e gli sguardi in macchina di Joan Fontaine in “Rebecca la Prima Moglie.

 

Intervista di Giacomo Aricò in collaborazione con Giulia Marziali

 

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