Il distributore di benzina

Il distributore di benzina

Paolo faceva l’autotrasportatore e trasportava merci da Bologna in giro per l’Italia; lui però non era proprio di Bologna era di Persiceto a qualche chilometro di distanza dal capoluogo. In verità a volte Paolo non sapeva più esattamente di dov’era: sempre in viaggio da una parte all’altra dell’Italia…troppe strade, troppi autogrill, troppi chilometri, tutti uguali agli altri.

Sempre un carico da trasportare in fretta dalla parte opposta di dove vorresti andare.

Uno sguardo mite, una corporatura abbondante, un po’ stempiato e due baffoni, alla guida del suo camion. In quel periodo trasportava apparecchiature meccaniche per un impianto in costruzione a Sarroch.

All’inizio era molto contento di quel lavoro; prendeva il traghetto a Livorno o a Genova e guardava il mare mentre la nave  si allontanava o si avvicinava dalla costa. Qualche volta prendeva il sole e si era fatto anche un po’ di amici sui traghetti che andavano a Cagliari. La sera il tempo passava in fretta mentre beveva una birra e giocava a carte.

Poi la bella stagione finì e il mare non sempre era calmo. A volte il vento soffiava tanto forte che sembrava non volesse fare arrivare la nave in porto. Scendeva di malavoglia dal traghetto e imboccava la strada per Sarroch.

Tutti i mercoledì era lì e così sarebbe stato ancora per un anno intero.

La strada “Sulcitana” scorre dritta tra il mare, la spiaggia e i bacini lacustri dove i fenicotteri rosa stranamente dimorano in pace in compagnia dell’uomo.

Una volta vide uno stormo di fenicotteri rosa al tramonto e gli sembrò di essere in una di quelle fotografie pubblicitarie delle agenzie di viaggio.

Il suo viaggio invece era sempre identico e molto meno romantico: arrivava alle 9 a Cagliari, si avviava al cantiere per scaricare e poi tornava ad imbarcarsi alle 21 di ogni mercoledì.

Di Cagliari conosceva solo la strada e il cantiere dove levava il carico: però conosceva anche il distributore di benzina dove si fermava al ritorno per fare il pieno di gasolio prima di imbarcarsi per il Continente – come i Sardi chiamano la terra ferma al di là del mare.

Era un distributore di benzina un po’ particolare a sbalzo sulla spiaggia e davanti alla “palude” dei fenicotteri rosa.

Di solito li’ non c’era molta gente che si fermava a fare rifornimento sotto il sole cocente dell’estate o in mezzo al vento d’inverno.

Il gestore del distributore era una donna senza età infagottata in magliette larghe e con tute sponsorizzate.

Molte volte si fermò lì senza parere, ma solo un giorno per caso fece caso ad una strana macchia di colore che la donna aveva sulla tuta e poi ne vide un’altra e un’altra ancora. Cerco’ di vedere meglio nello sgabuzzino in cui la donna si rintanava aspettando di servire gli automobilisti e si accorse di qualcosa che prima non aveva mai notato.

Nel gabbiotto del distributore c’era un piccolo cavalletto con un quadro appena iniziato. Su un tavolo da pic-nic dei tubetti di colori disposti disordinatamente insieme a dei pennelli in un barattolo di vetro; intorno si percepiva un odore penetrante di acquaragia.

Paolo non riuscì a capire molto dall’abbozzo di quel quadro; nei suoi ricordi lo definì genericamente “un paesaggio”.

Dei prati in primo piano e delle montagne laggiù in fondo con della neve.

Fece finta di nulla; pagò e salutò come al solito. Si imbarcò alle 21 come al solito e come al solito pranzò nel self service del traghetto prima di ritirarsi a dormire in cabina.

I suoi pensieri non erano però i soliti.

Una benzinaia che dipingeva…. Che stronzata!

Da quel giorno però si fermo tutti i mercoledì a fare il pieno di gasolio – prima di imbarcarsi – a quel distributore.

C’era sempre quel quadretto che piano piano si riempiva di prati, di alberi, e di casette lontane.

Un paesaggio montano, copiato da una fotografia, dipinto qui, davanti al mare…. Doppia stronzata!

Ma tutti i mercoledì non poteva fare a meno di dare un’occhiata a quel quadretto che a poco a poco prendeva vita con un particolare insignificante e qualche figura in lontananza.

La benzinaia vedeva che Paolo controllava i progressi del quadro, ma non si dicevano nulla oltre alle parole indispensabili.

Lui iniziò a tenerla d’occhio anche quando andava in cantiere prima di scaricare. Rallentava con il suo camion e la vedeva nel gabbiotto infagottata nella sua giacca a vento che continuava a dipingere senza guardare niente e nessuno persa anche lei nel paesaggio montano.

Era incredibile la quantità di cose che riusciva a farci stare nel quadretto. Ci fece stare anche un piccolo gatto che sorrideva furbo vicino ad una casetta. Il gatto però nella fotografia non c’era.

Una volta per non disturbarla si fece il pieno da solo. Lei gradì quell’atto gentile ma fu l’unica volta che lo lasciò  servirsi senza di lei.

Poi un giorno scendendo dal traghetto vide che il distributore era chiuso. Come chiuso?  Si, aveva chiuso da qualche giorno. Perché? Non si sa.

Paolo era disperato si rese improvvisamente conto quanto quel piccolo appuntamento era diventato importante per lui. Ora era come se nulla avesse più significato. Dove era andata a finire? Come ritrovarla? E il quadro?

Domandò a qualcuno in giro ma nessuno sapeva nulla.

Il distributore abbandonato deperì velocemente. I vandali aprirono la saracinesca e distrussero a poco a poco il gabbiotto. L’insegna venne rimossa; i neon resistettero qualche settimana poi vennero rotti anche loro.

La spiaggia e il mare ripresero a poco a poco possesso della piazzola dove non si fermava più nessuno.

Solo Paolo rallentava passando accanto al distributore nella speranza che miracolosamente qualcosa fosse cambiato.

Ogni mercoledì avanti e indietro. Solite chiacchiere, solite carte, solito cibo. Solito tutto.

Poi anche quel lavoro finì e per Paolo quello era l’ultimo viaggio all’impianto di  Sarroch.

All’andata rallentò come al solito; il distributore era ormai in rovina e probabilmente presto sarebbe stato demolito sempre che il mare non se lo fosse portato via prima.

Al ritorno era ormai quasi buio, ma non resistette e si fermò sul ciglio della strada.

Non era molto sicuro parcheggiare in quel modo e per un momento gli venne voglia di proseguire. Se arrivava la polizia stradale avrebbe potuto avere delle grane; ma la nostalgia fu più forte e scese per fare quattro passi sulla piazzuola invasa dalla sabbia. Il gabbiotto era semi diroccato; tutto era pericolante.

Il vento alzava il mare cupo e minaccioso.

Cagliari a poco a poco si illuminava di tenue luci e sembrava che la città galleggiasse anche lei sulle onde, come le navi in rada che aspettavano pazienti il loro turno al terminale del petrolchimico. Anche Sarroch si stava illuminando, mentre le torce dell’impianto tagliavano l’oscurità brillando di una fredda luce di stelle lontane.

Malediceva il portiere dello stabilimento che gli aveva fatto fare tardi. Aveva anche i minuti contati per imbarcarsi.

Ma che cavolo ci faceva lì?

Si mise a fare quattro passi lungo la spiaggia.

Tra le alghe secche e i rifiuti raccolse nella sabbia, distrattamente, una conchiglia. Era da quando era piccolo che non raccoglieva più conchiglie. Era bianca e larga; la trovò molto bella e se la infilò in tasca in un attimo di malinconia. L’avrebbe messa sul cruscotto del camion senza un perché.

Era  tardi: bisognava imbarcarsi, doveva andare.

Ma quel Mercoledì, non prese il traghetto e non lo prese neppure la sera successiva.

Lei era lì che lo guardava da un bel po’ e gli sorrideva al di là della strada. Lo stava aspettando. Stringeva tra le mani un piccolo quadro di un paesaggio montano.

di Anna Paola