Il Volto
L’uomo si alzò pesantemente dal tavolo ed imbocco l’uscita della trattoria con passo strascicato.
Luigi sospirò e si andò a sedere al posto lasciato libero dall’uomo, sospirando. Era ormai un quarto d’ora che era in piedi, piantato dietro l’uomo barbuto che indugiava al tavolo giocherellando con la punta del coltello sulla tovaglia. “Lo fa apposta per farmi aspettare” aveva pensato Luigi irritato, e per dimostrare all’uomo che il suo atteggiamento non sortiva l’effetto sperato si era ben guardato dal dargli fretta o dal mostrarsi troppo impaziente. Alla fine la sua pazienza era stata premiata e l’uomo, deposto il coltello, se n’era andato. Le preparo subito il tavolo, signore – disse la cameriera, e scappò via a servire la folla di clienti che a quell’ora affollavano la trattoria. Luigi appoggiò la schiena contro la sedia e si rilassò: non aveva nessuna fretta, e il tavolo in disordine davanti a lui non gli dava alcun fastidio. Prese con fare svogliato il coltello che l’uomo aveva maneggiato a lungo, quando la sua attenzione fu attratta da qualcosa sulla tovaglia. Luigi guardò con attenzione e si rese conto che l’uomo, con la punta del coltello, aveva disegnato un volto di donna sulla tovaglia. Il volto, leggermente inciso nel soffice tessuto della tovaglia, era delicato, sfuggente, bellissimo. Luigi rimase incantato a contemplare l’elegantissimo profilo della donna ritratta su quel semplice pezzo di tela: gli occhi, seppure appena accennati, erano vivi e profondi, appena sfumati di tristezza. Il mento era deciso ed elegante, gli zigomi pronunciati, i capelli formavano una massa vaporosa intorno al volto, e ne mettevano in risalto l’austera bellezza. La bocca era morbida, carnosa, appena schiusa in qualcosa che sembrava l’inizio di un dolce sorriso o di una frase delicata, di quelle che si dicono a fior di labbra, quasi nella speranza che l’interlocutore non senta. Le orecchie erano delicatissime, quasi trasparenti, e la mano dell’artista aveva rappresentato perfettamente la leggera peluria che ricopriva la pelle appena sotto i lobi. Il collo della donna, appena accennato era sottile ed elegante a dava l’idea di una figura eretta e dal portamento nobile, ma dallo sguardo dolce e la bocca morbida. Il ritratto era di una bellezza intensa e sconvolgente, il volto sembrava uscire dal tavolo ed ergersi di fronte a Luigi come se fosse reale. Per un attimo interminabile e magico Luigi dimenticò i suoni, gli odori, e la penombra in cui era avvolto; vide la donna del ritratto, ne sentì l’odore, udì il suo respiro e sfiorò la sua pelle. A lungo Luigi le accarezzò i capelli, lasciando scorrere le dita tra loro e poi sulle bellissime orecchie, poi dietro di esse; i suoi polpastrelli sentirono la pelle morbida e delicata dietro le orecchie e sulla nuca, le accarezzarono le guance e sentirono i rilievi delle labbra morbidissime e profumate. Luigi le parlò, e la donna rispose: in pochi attimi parlarono di cose magiche, meravigliose, che riempirono tutta la vita di Luigi, facendogli dimenticare ogni altro aspetto della sua esistenza. La voce della donna era bassa e dolce, le sue parole erano indimenticabili, e la conversazione fu un’esperienza che condusse quasi alla pazzia l’uomo seduto al tavolo. Luigi si aggrappò ai bordi del tavolo, dato che aveva paura di venire risucchiato in quel vortice magico, ma riuscì a staccare gli occhi da quel volto solo perché la voce sgraziata della cameriera interruppe il suo sogno. Posso rifare il tavolo signore ? – chiese la cameriera. Sebbene non fosse né brutta e non avesse una voce sgradevole, Luigi ne fu disgustato.- Neanche per sogno – disse, ben deciso a difendere fino alla morte la più grande opera d’arte che l’umanità avesse mai avuto. – Come, signore? – chiese la cameriera perplessa. – Voglio comprare questo tavolo – disse Luigi deciso.- Le chiamo il padrone. – sospirò la cameriera, pensando che tutti i pazzi furiosi si dessero appuntamento in quella trattoria. Il padrone arrivò, e dopo un’inizio difficile Luigi riuscì a convincerlo di vendergli il tavolo compreso di tovaglia. Il padrone riuscì ad ottenere da quello svitato un bel mucchio di soldi, e lo guardò uscire faticosamente trascinando il tavolo per due delle sue gambe – Poveretto. – disse il padrone alla cameriera. Luigi trascinava euforico il pesante tavolo, senza sentire la fatica e senza vedere i sogghigni ironici degli altri avventori: il tavolo era suo, e con esso quel volto magico. Luigi pensò con gioia al momento in cui sarebbe stato a casa sua, nel suo salone e avrebbe guardato ancora la donna disegnata sulla tovaglia. Passando attraverso la porta della trattoria, il tavolo urtò violentemente contro gli stipiti, e il padrone insultò pesantemente Luigi. Lui però non lo sentì, dato che pensava solo a lei ed a quello che le avrebbe detto tra pochi minuti, alle sue carezze e al mondo meraviglioso che si celava nei suoi occhi. Era ebbro di gioia, e trascinando il tavolo per la strada non vedeva e non sentiva niente, se non la donna del tavolo che gli aveva parlato, cambiando in pochi secondi tutta la sua vita. Ma quella era una giornata ventosa, e un colpo di vento investi il tavolo, facendo volare via la tovaglia: Luigi urlò con angoscia e le corse dietro sconvolto, sfidando le auto che gli passavano intorno e ignorando gli sguardi attoniti dei passanti. La tovaglia si fermò poco distante e l’innamorato si gettò disperato su di essa: con mani febbrili la prese, cercando di non gualcirla e maneggiandola con mani tremanti. La rimise sul tavolo, parlandole disperato, cercando di stenderla delicatamente e pregando in silenzio che lei non avesse sofferto per il volo e che stesse bene. Ma quando il suo sguardo si posò su quel punto della tovaglia, Luigi vide che non c’era più nulla, se non poche pieghe. Il volto era scomparso, quella era tornata ad essere una semplice tovaglia ed il tavolo un semplice pezzaccio di legno, entrambi insignificanti e tragicamente inutili. Luigi urlò disperato, ma ormai niente poteva ricreare quel volto incantato; lui pianse a lungo, urlò, si strappò i capelli finché non vennero a portarlo via per ricoverarlo con urgenza. L’uomo che aveva disegnato il volto vide l’ambulanza partire, ed il suo cuore si strinse nel vedere la disperazione di Luigi. Eppure era sempre stato così: le sue opere, per quanto belle, erano sfuggenti, dato che lui era capace di disegnare solo sulle tovaglie.
di Fabio Messina