CAMERABOOK – Marilyn Monroe e tutti i suoi Inganni: intervista a Francesca Brignoli e Nuccio Lodato

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È da poco arrivata, in tutte le librerie d’Italia, un’interessante opera che sta già avendo un ottimo riscontro nel pubblico e che riguarda una delle più grandi Dive e icone del cinema: Marilyn Monroe. Il libro, intitolato Marilyn Monroe – Inganni (Le Mani Editore), è stato scritto da Francesca Brignoli, specialista di attività dello Spettacolo presso l’Assessorato alla Cultura della Provincia di Pavia, e dallo Storico e Critico del cinema Nuccio Lodato. Il testo ripercorre tutta la vita privata ed artistica dell’attrice, tra luci ed ombre, aneddoti, segreti, sogni e delusioni. Un libro-manuale che, dopo una prima parte biografica, ci presenta tutte le schede dei suoi film, curate in ogni dettaglio: dalla vita al cinema, un cerchio che si chiude. Un viaggio che inquadra Norma Jeane Mortenson (questo il suo vero nome) sia lontano che sotto i riflettori: l’attrice e la donna, la donna e l’attrice, sempre lei, una sintesi una fusione unica, personalissima e senza tempo.
Abbiamo avuto il piacere di intervistare entrambi gli autori, Francesca Brignoli e Nuccio Lodato, che nel 2010 avevano già scritto e pubblicato insieme Ingrid Bergman – La Vertigine della Perfezione (sempre edito da Le Mani).

Questo libro non vuole dare delle risposte, non si interroga sulla tragica fine di Marilyn come hanno fatto in tanti. È una cronaca fedelissima e acritica della sua vita ed un tenero e amorevole approfondimento sul suo essere attrice e donna. Questo libro è stato scritto per i lettori o è più un tributo alla Monroe? Senza svelare troppo, quali sono questi Inganni, come recita il titolo del vostro libro?

Francesca Brignoli – Mi piace questo definire “tenero e amorevole” l’approfondimento su Marilyn. In effetti, sentimenti di tenerezza sono stati suscitati dal personaggio,  sebbene la dimensione affettiva non sia stata né il motivo della ricerca né la sua stella polare. Ma è ovvio che quando si parla di grandi attori, di miti diciamo pure (pensiamo ad esempio a Marlon Brando) la dimensione extra-cinematografica non può non essere presa in considerazione. Perché vita filmica ed extra-filmica sono strettamente correlate. Nel caso di Marilyn queste due dimensioni precipitano l’una nell’altra in modo vertiginoso, nutrendosi reciprocamente: fa parte della potenza di questo personaggio, che ancora dopo cinquant’anni dalla sua morte ha una forza attrattiva incredibile, anche e tanto al di là del cinema. Ma è prima di tutto al lettore appassionato di cinema che questo libro è rivolto, perché è di una grande attrice e della sua storia cinematografica che si parla. Storia di inganni (e autoinganni), ingannevole quando si cerca di maneggiarla, tra vero e illusorio, autentico e inventato, a cominciare dalla sua non subito riconosciuta capacità attoriale (nella quale non credeva prima di tutti lei stessa).

Nuccio Lodato – Ho sempre pensato che qualunque libro lo si scriva -almeno nelle intenzioni- per il lettore. Poi non si ha la minima idea di chi sia concretamente costui, e questo è insieme fascinoso e disperante. Gli inganni sono tanto quelli cui Marilyn Monroe venne crudamente sottoposta lungo l’intero arco della sua vita, sia privata che professionale, quanto quelli che la vulgata mediatica e pop ha poi disseminato nella percezione passata e attuale della sua figura.

Marilyn Monroe (Photo by Baron/Getty Images)

Marilyn Monroe (Photo by Baron/Getty Images)

Che cosa ne pensate del detto “quando si toccano i miti la polvere d’oro che li ricopre potrebbe restarci attaccata alle dita”?

Francesca Brignoli – Almeno! Direi piuttosto che l’incontro di studio con grandi personaggi, per restare nel cinema penso a registi e attori, sia occasione felice per esplorare vite, pensieri, cammini intellettuali che non possono che arricchirci.

Nuccio Lodato – Che, nel caso almeno della Monroe, si dimostra clamorosamente infondato: ed è proprio questo l’interrogativo sul quale abbiamo tentato -non so con che costrutto: non possiamo essere noi a dirlo…- di misurarci.

Quanto il Metodo e le scuole di recitazione hanno migliorato le sue qualità di attrice o, al contrario, l’hanno tipicizzata rilegandola in un cliché che ha forse limitato la sua istintuale potenzialità espressiva?

Francesca Brignoli – Poco possiamo dire circa l’esperienza di Marilyn allieva di Strasberg all’Actor’s Studio. Solo Gli spostati, che è il suo ultimo film, restituisce il suo nuovo approccio recitativo. La prova è impressionante, mostra un’attrice in certo senso raggelata nella sua ricerca di intensità e autenticità, lontana da tutto quanto aveva fatto in precedenza. Ma Gli Spostati è un film molto particolare, una sorta di operazione psichicamente chirurgica dovuta prima di tutto alla sceneggiatura di Arthur Miller. Certo che qui lei è davvero distante dalla Marilyn di Hawks e Wilder, cioè quella estraniata e ironica, la cui bravura ricollegherei piuttosto all’esperienza didattica con il suo primo grande maestro: Michail Cechov.

Nuccio Lodato – E’ difficile dirlo. In fondo rispetto all’esperienza con gli Strasberg si sviluppa troppo brevemente rispetto alla concomitante e successiva durata della sua carriera e della sua vita. E i precedenti apporti della Lytess e poi di Cechov sono difficili da rintracciare nella sua recitazione della parte iniziale e intermedia della parabola, anche perché, a differenza della visione proposta dall’Actors’ Studio e certificata anche da altri suoi significativi adepti affermati, non ne conosciamo in maniera organica i presupposti teorici.

Marilyn ne "Gli Spostati" di John Huston (1961)

Marilyn ne “Gli Spostati” di John Huston (1961)

In che modo l’industria cinematografica e la psicanalisi hanno aiutato e nel contempo ucciso Marilyn? L’autorevole ma severa diagnosi di Anne Freud non potrebbe essere ridimensionata? Oggi forse Marilyn sarebbe una borderline?

Francesca Brignoli – Non ho strumenti per definire e attualizzare il quadro clinico di Marilyn: è un lavoro altrui. Il mio punto di vista nell’addentrarmi nel fenomeno Monroe è stato quello di uno spettatore di cinema, che dal cinema parte e al cinema resta, stando il più possibile lontana da ogni tentazione analitico-revisionistica. Certo Marilyn ha vissuto una vita straordinaria, per baratri affettivi, intelligenza non coltivata, ansie di riconoscimento e bruciante desiderio di essere amata. Così è stato e questo bisogna considerare nel guardare a lei e alla sua storia, ma senza volerne fare un totem. Per quanto riguarda il ruolo giocato dall’industria cinematografica penso che si sia comportata con Marilyn come non poteva fare altrimenti una grande major negli anni Cinquanta. L’ha usata – lei era “money in the bank”! – e posso dire che l’ha fatto al meglio nei pochi anni a disposizione, regalandoci film e interpretazioni indimenticabili, e anche qualche capolavoro. Con buona pace di ogni lettura psicanalitica.

Può darsi che la potenza del suo mito dipenda dalle sue inadeguatezze, tristezze, fragilità che muovono l’identificazione e fanno passare in secondo piano l’eccezionale forza del suo fascino e le sue altrettanto eccezionali qualità di attrice?

Francesca Brignoli – Credo che il suo mito arrivi dalla fusione di tante cose, non da ultima la sua morte, ma con un’origine ben precisa: l’immagine.  La forza straordinaria che solo lei ha finora dimostrato, la capacità attrattiva inspiegabile se non attraverso la sua corporeità, che prende il sopravvento implodendo a livello fotografico, sia in uno scatto fisso sia in movimento.

Nuccio Lodato – Direi di no. Prevalgono assolutamente, nella loro dirompenza, le sue peculiarissime caratteristiche fisiche ed estetiche, e la sua stessa -involontaria, inconsapevole, se si vuole: ma è così per molti attori importanti…- bravura scenica. L’effetto si produce immancabilmente e in un lampo anche su di uno spettatore, di film o semplicemente di foto, che non sappia assolutamente nulla di lei e della sua vita.

La Monroe in "Niagara" di Henry Hathaway (1953)

La Monroe in “Niagara” di Henry Hathaway (1953)

Durante la presentazione ha parlato di due termini: Camp e Tramp. Ce li può descrivere?

Francesca Brignoli – Camp è la categoria del curvilineo, dell’obliquo, del metamorfico, della messa in scena di sé. Camp – citando la grande intellettuale Susan Sontag (il cui lavoro tutto è formidabile viatico per addentrarsi nella cultura del Novecento) e le sue “Note su Camp” – è glorificazione del personaggio e teatralizzazione dell’esperienza. È amore per l’eccessivo e l’eccentrico, per “le cose che sono ciò che non sono”. Camp è insomma la categoria necessaria per l’esplorazione del fenomeno Marilyn, in cui tutto, fuori e dentro i film, si mescola: vero/falso, brava/incapace, intelligente/stupida, autentica/artefatta, donna/bambina, comica/tragica….

Tramp era il nome originale di Charlot, il personaggio creato da Charlie Chaplin. Anche Marilyn è una tramp (che vuol dire sì vagabonda, ma anche prostituta). Si è voluto insomma suggerire un collegamento tra la vita filmica di Chaplin e di Marilyn, le presenze – direi addirittura le maschere – della storia del cinema più amate, clonate, citate. Il motivo sta forse proprio nel loro trasmettere una poesia speciale, fatta di grazia, estraneità al contesto, sensualità fusa con ironia e autoironia, e un patetismo controllato inedito e mai più avvistato sugli schermi.

Nel celebre "Gli Uomini Preferiscono le Bionde" diretto da Howard Hawks (1953)

Nel celebre “Gli Uomini Preferiscono le Bionde” diretto da Howard Hawks (1953)

Botta e risposta: qual è il vostro film preferito con la Monroe e perché.

Francesca Brignoli – Domanda difficilissima. Se uno deve essere allora dico Gli Uomini Preferiscono le Bionde, perché è un film glorioso sotto tutti i punti di vista e svela definitivamente la Marilyn giocosa, che canta e si muove e fa tutto con grazia, sensualità e autoironia.

Nuccio Lodato – E’ Facciamo l’Amore: non perché lo ritenga oggi superiore ad altri, ma in quanto mi riporta nostalgicamente alla profondità di sensazioni provate, da spettatore quindicenne, quando lo vidi in prima visione: la mia prima volta di Marilyn… E per la suggestione delle splendide pagine dedicate al contorno biografico della sua realizzazione da Simone Signoret nella sua magnifica autobiografia (appunto…) La nostalgia non è più quella di un tempo. Se dovessi invece limitarmi alle impressioni “attuali”, quelle dettatemi dalle visioni parallele alla stesura del libro, direi -come penso quasi chiunque al mio posto…- Gli Spostati.

Intervista di Giacomo Aricò

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