INTERVISTA – Galatea Ranzi: “Ada Byron Lovelace, la fata matematica che sognò il computer. Anima libera tra scienza e poesia”

Lo scorso 14 ottobre, ha debuttato al Teatro Arcobaleno di Roma Ada Byron Lovelace, la Fata Matematica lo spettacolo scritto e diretto da Valeria Patera con protagonisti Galatea Ranzi e Gianluigi Fogacci. Un debutto caduto esattamente nel giorno della ricorrenza di Ada’s Day,  celebrazione internazionale che ogni anno dedica una giornata alla figura di Ada Byron Lovelace alla quale si ispira lo spettacolo che rimarrà in scena nella capitale fino al 19 ottobre.

Ada Byron Lovelace

Ada Byron Lovelace

Nata dall’unico matrimonio  del poeta romantico Lord Byron con Annabella Milbanke, Ada incontrò il noto matematico Charles Babbage con il quale collaborò alla progettazione della Macchina Analitica,  di fatto il precursore del moderno computer in quanto macchina multifunzionale  e programmabile attraverso un sistema di schede perforate ispirato al telaio meccanico di Monsieur de Jacquard. Per questo la Byron Lovelace è considerata la prima programmatrice della storia del computer e alla sua memoria sono stati organizzati premi e concorsi. Nel 1979 (127 anni dopo la sua morte), il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ha dato il suo nome ad un linguaggio di programmazione mentre nel 2015, verrà celebrato il bicentenario della sua nascita in molte città e università del mondo.

LovelaceRanzi (1)Abbiamo avuto il piacere di intervistare Galatea Ranzi, versatile attrice di teatro (protagonista in decine di opere di Luca Ronconi), di cinema (candidata al David nel film Oscar La Grande Bellezza) e di tv. Dopo Ada Byron Lovelace, la Ranzi reciterà il prossimo 4 novembre al Teatro Franco Parenti di Milano in Fedra – Diritto all’Amore (testo di Eva Cantarella), mentre nel 2015 la vedremo in Soap Opera diretta da Cesare Lievi .

Donna forte e autonoma, chi era Ada Byron Lovelace?

Prima di tutto Ada Byron Lovelace è stata un grande personaggio storico che nell’Ottocento pose le basi dell’informatica, quella stessa informatica di cui la società attuale è totalmente pervasa. Nonostante abbia sofferto moltissimo, Ada era una donna piena di energia vitale. Sprezzante verso le convenzioni e le ipocrisie sociali, viveva senza avere pregiudizi. Ada era un’anima libera, nonostante l’educazione dura e rigidissima impostale dalla madre, una nobildonna che la spinse verso lo studio delle materie scientifiche ed in particolare della matematica per contrastare l’aspetto creativo e fantasioso del padre.

Quanto ha influito la lontananza dal padre nella sua formazione e nel suo modo di essere?

Influì molto perché questa assenza costituì per lei una grossa lacuna nella sua formazione. Da Lord Byron, immenso poeta, persona eccelsa e terribile allo stesso tempo, Ada prese l’aspetto più poetico, la sua capacità di immaginazione e di visione. Nello spettacolo la vediamo nella sua ultima notte mentre ripercorre tutta la sua esistenza. Possiamo dire che Ada è la sintesi dei suoi due preponderanti genitori. Due personalità opposte che in lei convivevano.

Poesia e matematica, sentimento e ragione. Due espressioni dell’anima che si contrastano o che si completano?

Si completano, e la trovo una cosa molto significativa. Bisogna far cadere il luogo comune che l’arte sia svincolata dalle regole. Anche l’arte è una scienza con regole ben precise, da rispettare. Pensiamo alla poesia e al rispetto della metrica. È anche in queste regole che sta la ricchezza dell’espressione poetica.

Galatea Ranzi in scena

Galatea Ranzi in scena

Che modello e punto di riferimento può essere Ada per le donne nel 2014? In questi tempi durissimi per la figura femminile, quanto è importante ricordarla?

Innanzitutto è importante ricordarla perché la maggior parte delle donne probabilmente non l’ha mai sentita nominare. Occorre ricordarla perché con il suo apporto ha fatto progredire la scienza e la tecnologia. Ada era una donna molto strutturata dal carattere forte. Nonostante fosse molto costretta dalla sua situazione (la rigida educazione della madre), pativa molto quella società con i paraocchi in cui viveva. Forse in questo può essere un modello ed un punto di riferimento per le donne: ascoltare e seguire la propria essenza andando contro alle regole imposte da altri.

Dall’Inghilterra Vittoriana ai tempi moderni. Come giudica la società social-dipendente di oggi? Chi è il vero schiavo tra la Macchina e l’Uomo?

Può dipendere solo dall’Uomo. Oggi sembra essere schiavo e dipendente da questi mezzi così rapidi e perennemente aggiornati. Personalmente io faccio fatica a seguire queste logiche, appartengo ad un’altra epoca (ride ndr.). Però le utilizzo anch’io, le trovo sicuramente comode e utili, anche per restare informati. Dall’altro lato, però, esiste un pericolo di dipendenza e di isolamento: si ha l’impressione di essere in contatto con tutti ma in realtà si è soli. Questi social ci sono da un decennio, c’è solo da sperare che queste dinamiche possano autoregolarsi con il tempo.

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Come cresceranno le prossime generazioni?

La cosa che più mi fa tristezza è vedere i bambini che, già così piccoli, sono a contatto con computer e tablet. Non trovo che possano trarre beneficio da questi dispositivi che, per quanto allenino i riflessi e l’attenzione, rischiano di far addormentare il cervello, spegnendo la capacità di visionarietà. Per questo spero che nelle scuole restino le vecchie lavagne con il gessetto ed il cancellino e non quelle nuove elettroniche: la fantasia e l’immaginazione sono vitali per un bambino.

Intervista di Giacomo Aricò


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